Si avvicina, finalmente, l'estate e nel periodo estivo proliferano nelle arene (cinema all'aperto) e in tv rassegne sul cinema horror. E noi abbiamo ben pensato di cominciare a darvi qualche consiglio per una serata divertente, che vogliate viverla in coppia o con gli amici, magari sul balcone di casa. Il film che vi proponiamo è
Non aprire quella porta 3D; forse non molto riuscito, ma che sicuramente fa al caso nostro. Come succulento abbinamento, visto l'enorme successo sul blog e sui social del post
Italian Fast Food col
Grande Tony Burger, eccovi il
Piccolo Tony Burger. Piccolo, poi, se lo paragoniamo al
Grande, perché vi assicuriamo che saprà soddisfare palati e pance dai grandi appetiti....
La ricetta
Piccolo Tony Burger
INGREDIENTI per una persona:
-
1 panino di grano duro italiano;
-
1 hamburger di manzo;
-
1 hamburger di pollo;
-
2 fettine di pancetta;
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2 fettine di lardo toscano;
-
2 fettine di provola affumicata;
-
2 fettine di formaggio di pecora;
-
1 cipolla rossa di Tropea;
-
2 foglie di lattuga;
-
2 fette di pomodoro;
-
1 peperoncino;
-
1 cucchiaio di zucchero di canna;
-
olio, maionese, salsa barbecue, aceto balsamico: q.b.
PREPARAZIONE (15 minuti):
Tagliare la cipolla sottilmente,
soffriggerla in padella a fuoco dolce con l’olio e il peperoncino. Sfumare con
l’aceto balsamico, aggiungere lo zucchero e fare caramellare.
Cuocere gli hamburger su una
piastra, su quello di pollo metterci sopra le fettine di formaggio di pecora e dopo
sciolto il lardo; su quello di manzo metterci sopra la provola e dopo sciolta
la pancetta precedentemente saltata in padella.
Montare il panino partendo dal
basso seguendo questo ordine: pane, maionese, 1 foglia di lattuga, 1 fetta di
pomodoro, hamburger di pollo con formaggio di pecora e lardo, salsa barbecue,
cipolle caramellate, hamburger di manzo con provola e pancetta croccante, salsa
barbecue, 1 fetta di pomodoro, 1 foglia di lattuga, maionese, pane.
Alessandro Ricchi
La recensione
Non aprite quella porta 3D

Dopo il massacro compiuto dallo psicopatico Leatherface, i
paesani vicini decidono di farsi giustizia da soli e, senza ascoltare lo
sceriffo locale Hooper, sterminano la famiglia Sawyer, ovvero i parenti del
killer che fino all’ultimo tentano di proteggerlo. Uno dei paesani, trova una
neonata sopravvissuta al massacro e decide di rapirla e tenerla con sé e sua
moglie, che non può avere figli. Decenni dopo, quella bambina è ormai una
giovane ragazza di nome Heather, che non sa nulla del suo passato… Che
delusione! Ma, in fondo, era prevedibile. Dopo il successo del 1974
dell’originale Non aprite quella porta, di
Tobe Hooper, lo psicopatico Leatherface ha ispirato prequel, sequel e remake di
qualità o meno. Questo nuovo capitolo diretto da John Luessenhop, potrebbe
essere riassunto con pochi, essenziali punti: personaggi scemi, sceneggiatura
pessima, squartamenti insulsi ed inutile 3D. Lo script di Kirsten Elms, Debra Sullivan e Adam Marcus
tenta di dare nuovo lustro ad uno dei boogeyman più amati del cinema,
snaturandolo completamente. Crudele e vendicativo, Leatherface è violento e
incompreso e ha una sua logica se rimane nel contesto della sua casa e della
sua famiglia; in questo ultimo film è stato sradicato dal suo ambiente, e
quella porta da non aprire, in effetti, perde il suo vero significato. Questo è
il madornale errore del film che perde, fra l’altro, anche quel senso
claustrofobico dei precedenti capitoli e che lo rendeva molto angosciante.
Persino le sequenze delle varie uccisioni diventano solo delle blande repliche
di quelle già viste, perdono di pathos e non risultano così spaventose e
terribili, come se anche per Leatherface fosse diventato solo una brutta copia
di se stesso. I personaggi creati dagli
sceneggiatori sono odiosi e inetti e proprio la protagonista Heather
meriterebbe la palma della più incompetente. L’unica nota rilevabile è
l’accenno a Il silenzio degli innocenti,
il cui autore Thomas Harris si ispirò al personaggio di Leatherface per creare
i suoi mostri su carta: un omaggio ad un omaggio. La brutta sceneggiatura si
riversa sugli attori che, purtroppo, sono davvero incapaci e Alexandra Daddario
(Heather) è più preoccupata di mostrare la sua bellezza anziché le doti
artistiche. Il 3d, che tanto richiama pubblico nelle sale, è trascurabile e
francamente inutile. Il film tenta di gettare le basi per un’analisi
politically correct, che poi si rivela solo una predica a buon mercato:
innocenti e colpevoli, santi e diavoli, qual è il confine fra giustizia e
vendetta privata e chi è il vero mostro.
SPOILER: Il finale, con Leatherface e cugina
che decidono di vivere insieme è alquanto deludente più che commuovente, sembra
più un adattamento ai tempi che corrono. Questo film non è la rinascita di
un’icona horror. Per chi ha amato Leatherface, non è assolutamente da vedere.
Elena Mandolini
Buone pappe e buon film!
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